Stats Tweet

Tessalonicesi, Lèttere ai.

Nel Canone tridentino e nella Vulgata, l'ottava e la nona lettera di san Paolo, scritte a Corinto negli anni 50-51. Le lettere si inseriscono nell'attività apostolica di Paolo, che era giunto a Tessalonica durante il suo secondo viaggio e vi aveva predicato a lungo: le sue predicazioni avevano ottenuto numerosi consensi e conversioni, e ciò aveva causato la forte ostilità dei Giudei: costretto a fuggire, Paolo continuò a seguire la nuova comunità cristiana di Tessalonica, mandandovi il discepolo Timoteo. Di ritorno dalla città, questi aveva riferito a Paolo che i Giudei stavano cercando di minare l'unità di quel primo nucleo cristiano, diffondendo calunnie sul suo conto. Paolo, dunque, nella prima lettera difende se stesso e la sua opera di apostolato e conferma che la sua fuga era stata voluta dalle autorità locali e non dipendeva dalla sua volontà. Nella seconda parte della lettera tratta della resurrezione di Cristo, fondamento sul quale si basa la speranza della resurrezione sia dei morti, sia dei vivi: i cristiani, quindi, non devono piangere i loro morti. La lettera termina con un passo di discussa interpretazione: in esso Paolo sembrerebbe credere che la fine del mondo sia imminente, fatto negato però da alcuni critici, che si basano su una traduzione diversa del passo stesso. ║ La seconda lettera, scritta a pochi mesi di distanza dalla prima, tratta il tema della resurrezione dei morti, sul quale Paolo torna per dissipare alcuni dubbi sorti all'interno della comunità tessalonicese sull'imminenza della fine del mondo. L'apostolo afferma che la venuta del Signore potrà avvenire solo dopo il compimento di due segni, l'apostasia e la manifestazione dell'uomo di peccato. Paolo prosegue descrivendo l'uomo di peccato: un antiDio e un antiCristo, che tuttavia potrà manifestarsi solo dopo lo scioglimento di un impedimento che ne impedisce l'azione. Nella manifestazione finale il vero Cristo con la sua potenza annienterà l'uomo di peccato e i suoi seguaci, Satana e chi non ha accolto la Verità. Nella sua interpretazione complessiva, la lettera si inserisce nella letteratura apocalittica del primo Cristianesimo; alcuni esegeti sostengono invece che Paolo non parli della manifestazione di Gesù alla fine del mondo, ma della rovina di Gerusalemme, interpretazione tuttavia accettata da pochi.